Kaze no denwa, la cabina del telefono in Giappone per chiamare chi non c’è più

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    Il bello della vita è...ritrovare la luce in una notte qualsiasi, che sembrava la più scura e decidere che... se la vita ti ha messo davanti una montagna...tu imparerai a volare!

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    Come sarebbe se potessimo parlare anche solo per telefono con una persona cara che non c’è più? Cosa le diremmo? Che sensazioni proveremmo? Per molti questo è un pensiero costante e, spesso, a quei molti basta un’illusione che metta loro almeno un po’ di serenità.
    La sensazione di essere in contatto con i propri cari è un’immaginazione creata da un cuore che soffre, vero, ma quella stessa immaginazione fornisce a quelle persone la speranza di vivere. Ed ecco che aggrapparsi a qualcosa può, a volte, aiutare a esorcizzare un dolore.

    E anche parlare con i propri cari persi ed esprimere i propri sentimenti può ridurre una tensione emotiva. Ma come intraprendere un percorso simile? Anche provando a parlare loro tramite un telefono. Sembra strano e assurdo, ma dall’esperienza tragica di morte e distruzione dello tsunami del 2011 è nato qualcosa di magico e surreale.

    Siamo in Giappone, fuori dalla città costiera di Otsuchi, su una collina ventosa che domina l’Oceano Pacifico: qui c’è una cabina telefonica bianca con pannelli in vetro, un quaderno e un telefono nero collegato al nulla. Proprio così: un telefono del tutto scollegato. Sin dal tragico tsunami del marzo di 9 anni, che ha devastato la costa giapponese di Tōhoku e ha causato la fine di quasi 20mila vite umane, migliaia di persone in lutto hanno visitato quella cabina per “chiamare” i loro cari perduti. Un modo per far fronte alla loro perdita.

    È quello l’ormai celebre “Wind Phone”, il “telefono del vento” (o Kaze no Denwa in giapponese) creato in realtà un anno prima che avvenisse lo tsunami. Proprio qui, sulla collina di Otsuchi, tale Itaru Sasaki nel 2010 aveva perso suo cugino e aveva deciso di costruire una cabina telefonica nel suo giardino, chiamato successivamente Bell Gardia, da dove avrebbe continuato a “chiamarlo”.

    Comporre il numero del parente scomparso, infatti, lo avrebbe aiutato: le sue parole sarebbero state “portate al vento” mentre parlava e, anche se nessuno gli avrebbe mai risposto, lo avrebbero trasportato in un legame più profondo con suo cugino.

    Poi è successo l’impensabile. Un terremoto, poi uno tsunami, poi un crollo nucleare. La città in cui viveva Sasaki fu colpita da onde altissime e il 10% della popolazione perse la vita durante l’alluvione.

    Fu allora che Itaru Sasaki concesse anche ad altre persone di servirsi di quel suo “telefono del vento” tanto che di mese in mese il suo giardino divenne un autentico luogo di pellegrinaggio di quanti avevano in cuore un dolore

    Il telefono è, ovviamente, inteso come una comunicazione a senso unico. I visitatori compongono il numero del loro parente e tentano di mettere in campo i sentimenti necessari per andare avanti. Alcuni trovano conforto nella speranza che il loro parente possa ascoltarli.

    Cercare una persona che è morta attraverso un telefono rotativo disconnesso in mezzo al nulla può sembrare strano per alcuni, ma in molti credono che proprio questi gesti possano aiutare ad affrontare il dolore e accettare una tragica perdita.

    “Quando senti il suono del vento, le onde del mare o il canto degli uccelli, trasmetti il tuo sentimento ai tuoi cari perduti attraverso il telefono”, scrivono sul sito.



    Fonte: www.greenme.it/vivere/mente-emozio...morti-giappone/
     
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    Interessante!! ;)
     
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    Bellissimo!!! Chissà se aiuta davvero a superare il lutto, di sicuro aiuta a sfogarsi!
     
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2 replies since 20/12/2021, 12:59   176 views
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